Installare adsorbitori a carboni attivi sembra che sia la panacea di tutte le emissioni in atmosfera.
Si pensa che questi sistemi di abbattimento possano funzionare con tutti gli inquinanti gassosi dispersi in una portata non molto elevata al più intorno ai 10000 mc/h.
Per di più si pensa che il tutto, avvenga con una singola tipologia di carbone attivo.
Bene! se sei fra le persone che pensano questo, allora hai proprio bisogno di leggere questo articolo e probabilmente avrai bisogno di me.
Iniziamo a capire un po’ meglio cosa sia un impianto di abbattimento a carboni attivi.
Cos’è un impianto di abbattimento a carboni attivi?
Se hai avuto modo di vederne qualcuno, magari anche quello installato nella tua azienda, vedrai o saprai, che in pratica è costituito da uno scatolone dalla forma di parallelepipedo o di cilindro costruito in ferro, inox o plastica.
Al suo interno vengono stipati dei carboni attivi in granuli o in scaglie che hanno il compito di adsorbire gli inquinanti gassosi trattenendoli nel loro interno rilasciando in atmosfera l’aria pulita.
Solitamente i carboni vengono sorretti da griglie oppure si trovano all’interno di cestelli.
A valle o a monte di questo serbatoio viene posizionato il ventilatore per far fluire l’aria inquinata dalla produzione attraverso il serbatoio a carboni attivi fin verso l’emissione.
Tutto facile, l’aria sporca entra spinta dal ventilatore, poi passa dai carboni e magicamente si pulisce e tu la puoi emettere al di sotto delle norme di legge. No! non è sempre così semplice.
Vediamo il perchè…
Come è fatto un carbone attivo?
Non voglio tediarti con discorsi filosofici su come sia fatto un carbone attivo anche perchè googlando “carboni attivi” hai la tutta la conoscenza del caso.
Clicca qui per conoscere il necessario sui carboni attivi.
Per quanto ci riguarda devi sapere che i carboni attivi sono costituiti da minuscoli, microscopici e nanoscopici canali che permettono di avere una superficie molto grande in uno spazio piccolissimo.
Stiamo parlando di superfici specifiche da 500 a più di 2000 m2/g, uno spazio davvero enorme.
Schematicamente puoi immaginarti l’interno di un carbone attivo, così:
Questa struttura permette di “intrappolare” o meglio adsorbire gli inquinanti che rimangono all’interno del carbone attivo.
Da questo puoi già capire che molecole grandi avranno una maggiore possibilità di rimanere bloccate nel labirinto e quindi su questi inquinanti, si avrà una maggiore efficacia ed efficienza di abbattimento.
Flusso orizzontale o flusso verticale per i carboni attivi?
Gli abbattitori a carboni attivi sono molto flessibili da questo punto di vista.
Sul mercato esistono diverse tipologie di impianti dalle costruzioni e dalle forme più disparate.
I carboni attivi funzionano sia con flusso orizzontale:
Sia con flusso verticale sia ascendente che discendente:
La scelta del tipo di flusso è legata alla conoscenza del proprio nemico, questa volta non considerato come l’inquinante presente nelle sue caratteristiche chimiche, ma soprattutto alla conoscenza dell’effluente nelle sue caratteristiche fisiche.
Cosa significa?
Significa che se il tuo inquinante è solo un vapore lontano dal suo dew point (temperatura di rugiada e quindi di condensazione), tutte le direzioni ed i flussi sono equivalenti.
Ma se soltanto si iniziano ad avere trascinamenti o condensazioni di vapore acqueo o altro, allora la scelta sensata e pensata del flusso può risultare fondamentale.
Provate a immaginare un effluente umido o molto umido che deve percorrere diverse decine di metri in un canale all’esterno in ambiente.
Durante il periodo caldo dell’anno probabilmente non si avranno particolari problemi e non si noterà nulla, ma durante l’inverno o i periodi freddi?
L’umidità potrebbe condensare e iniziare a formare piccoli rigagnoli all’interno della tubazione.
Con un flusso verticale discendente, tutta la condensa acquosa cadrebbe sopra i carboni degradando il funzionamento molto velocemente.
Al contrario con un flusso verticale ascendente la condensa viene separata per gravità e di conseguenza molto difficilmente si incontrerà con i carboni, preservandoli maggiormente.
Certo, qualcuno mi potrebbe dire… i carboni attivi non si usano con effluenti molto umidi.
Vero! Ma considera che la condensa potrebbe anche non essere umidità, ma anche inquinante… e forse la cosa è ancora peggio… il rischio e il profumo di ATEX in quel caso sarebbe molto forte e comunque da valutare con maggiore attenzione.
Tipologia di inquinanti e loro concentrazione
L’estrema validità su una moltitudine di inquinanti fa passare i carboni attivi come la panacea di tutti i mali.
Molti produttori di impianti di abbattimento ritengono che basti un carbone attivo e il gioco sia fatto.
Non è così. Almeno per due motivi.
Il primo è che essi hanno una definita e limitata capacità di adsorbimento.
Il secondo è che vanno periodicamente sostituiti, non puoi e non devi dimenticartene.
Chi ti dice che la sostituzione avviene una volta ogni 6 mesi… o ha fatto dei calcoli statistici oppure sta nascondendo la verità.
I carboni attivi sono una valida alternativa per tutte quelle emissioni che hanno basse se non bassissime concentrazioni di COV diciamo fino a circa 200 mg/Nmc e con portata, come abbiamo già visto, di circa 10000 Nmc/h.
Come ho già scritto non sono validi per tutti gli inquinanti.
Esistono infatti molecole chimiche a cui piace “sfuggire” al potere adsorbente dei carboni attivi più comuni.
Buona parte delle sostanze organiche a basso peso molecolare con catena corta o molto corta infatti sono quasi trasparenti al loro potere adsorbente. Per esempio il metano, etano, alcol metilico, aldeide formica, anidride carbonica…
Altre sostanze invece hanno una composizione che rendono addirittura pericoloso l’adsorbimento e stiamo parlando dei chetoni.
In generale i chetoni hanno un punto di ignizione molto basso, diciamo poco superiore alla temperatura ambiente.
Essendo il processo di adsorbimento esotermico, ovvero rilascia calore, unitamente a temperature del flusso o del serbatoio estive, si può andare incontro al rischio di incendio dei carboni in maniera localizzata.
Quindi a maggior ragione occhio ad applicare indiscriminatamente i carboni attivi a qualunque emissione.
Infine esistono emissioni composte in maniera preponderante da un singolo composto chimico, per esempio ammine o composti solforati.
Questo è il classico esempio delle emissioni da trattamento rifiuti.
In questo caso, si ha a che fare con molecole polari ma molto molto leggere e piccole. I carboni normali hanno un basso potere ritentivo e quindi bisogna utilizzare qualcosa che aiuti il povero carbone a migliorare la sua resa.
La soluzione la si ritrova nell’utilizzo di carbone attivo impregnato con sostanze acide o basiche che imprimono al carbone una maggiore familiarità con l’abbattimento delle sostanze precedenti. Un esempio è l’utilizzo di carbone attivo con idrossido di potassio o ioduro di potassio (in assenza di ossigeno) per abbattere i composti solforati come l’acido solfidrico oppure i mercaptani.
Un altro riguarda l’utilizzo di carbone attivo all’acido solforico per rendere maggiormente agevole l’abbattimento delle ammine.
Se sei arrivato fino a qui avrai capito l’importanza della conoscenza del tuo nemico.
Conoscere la chimica e la fisica dell’inquinante o della famiglia di inquinanti da abbattere condiziona necessariamente le scelte.
Affidarsi a qualcuno di esperienza sicuramente aiuta ma la migliore arma è sempre la conoscenza e magari un buon consulente.